1. Marilena qual è il motivo che ti ha portato a fare questa scelta di vita?
Scelta di vita è una parola grossa, anche un modo di dire comune forse poco consono rispetto alla dinamica dei fatti reali, in quanto ogni SCELTA di vita è indotta da una serie di fattori concomitanti e preferenze, aspirazioni sparse, sogni e anche paure e nasce sempre come risultato di un lungo processo e dalla somma di cose volute e non volute.
Comunque si, alla fine si sceglie.
Cosa non si sa, ma si deve ammettere di aver scelto.
Ad un certo punto della mia vita per fortuna o per sfortuna non saprei, mi sono concentrata sulla ricerca del mio spazio ideale, la mia casa, la mia famiglia.
Ma è stata soprattutto LA CONVINZIONE DI DOVER CONTRIBUIRE IN QUALCHE MODO AD UN CAMBIAMENTO EPOCALE NECESSARIO ED URGENTE. UNA CONVINZIONE SORTA IN ME PURTROPPO IN ANTICIPO SUI TEMPI, CIRCA 10 ANNI FA.
DICO PURTROPPO “IN ANTICIPO” PERCHE’ ANCORA OGGI IN PIENA CRISI C’E’ CHI SI SFORZA di ammettere che abbiamo esagerato in tutto, che il modello di progresso occidentale mostra segni evidenti di decadenza culturale, umana, sociale e infine economica.
E quindi siamo pionieri, pionieri in anticipo ma in ritardo.
La convinzione che fosse necessario ripartire dai bisogni fondamentali dell’uomo per riscrivere interamente una storia partendo da ciò che è alla base della qualità della vita. Fondamentalmente i PRIMI bisogni dell’uomo sono: respiro,cibo,sonno, CASA , omeostasi, amore.
Anzi l’amore lo metterei al primo posto perchè dovrebbe esserci anche prima della nascita. E non tutti i bambini nascono dall’amore, e si vede dalle differenze tra loro.
Io ho trovato nel mio lavoro la risposta almeno a questi bisogni fondamentali cercando di andare alle loro radici, partendo dalla decostruzione dei falsi bisogni.
Ed avendo una sensibilità particolare per lo spazio sin da piccola, per la sue forme,colori, suoni, sostanze e materiali , per la sua importanza e la sua funzione ho visualizzato il “guscio” minimo che mi consentisse di sentirmi a casa senza contribuire alla creazione di sistemi di costruzione esageratamente “piantati” a terra con tutti i problemi che ne derivano.
Ho sentito fortemente l’esigenza personale ma soprattutto umana e sociale di riaffermare il diritto di erigere la propria casa rispettando la semplicità primordiale di questo atto, senza che fossero imposte sovrastrutture destabilizzanti e controproducenti.
Senza nulla togliere alla storia e alla tecnologia che progredendo in confort ed efficienza delle abitazioni ha contribuito per un certo periodo a migliorare le condizioni di vita di intere popolazioni anche se non di tutte e troppo spesso a scapito di alcune, mi sono chiesta quale fosse il modo più sano semplice ed innocuo di piantare la propria casa sulla terra senza modificarla, inquinarla, appesantirla, violentarla esteticamente e materialmente.
MI SONO CHIESTA PERCHE’ IN UN MONDO SEMPRE PIU’ SEGNATO DA UN NOMADISMO CONTEMPORANEO DATO DALLA CONTINUA VARIABILITA’ DI LUOGHI DI LAVORO, DI RIFERIMENTI AFFETTIVI , in un mondo in cui si vive ormai sempre più alla ricerca del proprio spazio vitale e della propria famiglia o comunità di appartenenza sempre più debole, le case dovessero continuare ad essere immaginate fisse e stabili.
Questa mi è sembrata una contraddizione, e soprattutto una grande mancanza di memoria storica.
Dunque oltre ad aver studiato le culture nomadi, le ragioni del loro nomadismo mi sono chiesta in che modo si potesse recuperare un esempio antico senza negare il contributo del progresso.
Sono andata dunque a cercare esempi alla radice, in luoghi in cui esiste ancora oggi la manifestazione concreta di un antico stile di vita nomade, per capire se avremmo potuto prendere esempio da quel sistema e magari aiutarlo a progredire, e noi a “regredire” positivamente.
E mi sono data la seguente risposta andando in vari luoghi del mondo e soprattutto in MONGOLIA: si, si può tornare indietro ed andare avanti nel tempo e nello spazio proprio come fanno i nomadi, per tracciare un percorso sano non inquinato da cattive abitudini.
La casa dei nomadi mi è sembrata l’oggetto più geniale ed intelligente che avessi mai avuto modo di osservare, perché nella sua estrema semplicità e’ in grado di appagare vari e diversi bisogni in modo eccellente.
Il bisogno di spazio, calore, intimità , il bisogno di estetica e bellezza, il bisogno di spostarsi quando necessario, il bisogno di aggregarsi, il bisogno di sentirsi in asse con la terra, di sentirne ancora l’odore, la presenza , la forza e la bellezza, nonchè la durezza della natura.
Tutte cose che il cemento non fa, il cemento ci separa dalle radici, cerca di proteggerci ma ci imprigiona, ci radica in modo fittizio, ci da il senso del possesso, dell’appartenenza stabile e illusoria alla casa.
Noi non siamo la nostra casa e soprattutto non apparteniamo a lei, la casa e’ il nostro guscio. Non deve possederci, ma renderci liberi.
Potrei parlare per ore ed anni di questo argomento che ho approfondito con studi di ogni tipo: antropologici, artistici, storici, psicologici ecc….
In anni di viaggi e ricerca, di lavoro artistico ed artigianale tra Oriente ed Occidente. Lavoro vero, concreto e non solo intellettuale.
Nel 2004 ho organizzato la prima spedizione mai avvenuta in italia delle originali ger anche dette erroneamente yurte, le case dei nomadi delle steppe asiatiche in Italia, per provare provocatoriamente ad inserirle nel nostro contesto paesaggistico, culturale e sociale .
Provocatoriamente perchè pensavo che un oggetto nato per spostarsi ha tutto il diritto di essere portato altrove, di contaminare altre culture per mischiarsi con esse e moltiplicare il potenziale concettuale e tecnologico reciproco.
Da sempre l’Italia ha a che fare con l’Oriente , l’architettura , l’arte, il commercio, la storia lo dimostrano…..e da sempre questo confronto e’ stato fonte di ricchezza e non solo di conflitti.
Il conflitto nasce dalla considerazione dell’altro, della sua diversità come invasiva e non come opportunità.
Quindi il concetto della casa, come quello di ogni altro aspetto fondamentale della vita deve nascere come riflessione attenta di una nuova intelligenza, aperta, sana e protesa al benessere di tutti.
Non e’ stato facile, e lo sarà sempre meno.
Ma il mio contributo a questo mondo volevo darlo seppure attraversando oceani di difficoltà, critiche, scetticismo e rischi.
Ora molte persone grazie a questo personale sforzo, hanno potuto fare esperienza di questo, riappropriarsi del proprio spazio vitale a basso costo…..e credo ognuno di loro abbia ricevuto una spinta dal profondo , una spinta interiore ancestrale oltre che materiale.
La casa appartiene al nostro inconscio non solo alle nostre tasche.
E la nostra prima casa è stato il ventre di una madre: la ger si chiama la casa incinta in kazakistan….è rotonda, calda , accogliente, ha un ombelico che la lega alla terra…..conserva l’importanza di tutti gli elementi persino del cielo , con il quale l’uomo non dovrebbe mai perdere contatto.
Eppure tutto questo non mi ha impedito di lavorare al perfezionamento tecnico ed anche estetico della struttura, perchè il mio intento era quello di far nascere un oggetto nuovo dall’antico, un oggetto possibile in luoghi e tempi diversi, un oggetto che potesse adattarsi a diversi strati sociali, esigenze e destinazioni. Insomma un lavoro prima di tutto filosofico, poi pratico e tecnico lento e complicatissimo perchè ho sempre pensato che la casa e lo spazio siano una delle prime manifestazioni del pensiero. La prima manifestazione e proiezione del pensiero nello spazio.
2. Quali sono state le difficoltà del tuo percorso?
Siccome sono state troppe le elenco in punti per non risultare prolissa e noiosa:
1. Culturali : ostacoli di giudizio esterno prima durante e dopo
2. Affettivi : ci credevo solo io in principio quindi solitudine prima durante e dopo
3. materiali :l’impresa era necessariamente superiore alle mie forze e non facilmente quantificabile perche’ senza precedenti se non in Europa ed in modo diverso
4. geografici: grandissime distanze fisiche da percorrere
5. linguistici : dovevo farmi capire e non solo in inglese, tradurre contratti e accordi mai scritti prima in lingue orientali , trasferire i dettagli tecnici ed artistici degli oggetti da produrre, particolare per particolare con molta attenzione .
6. legali: non esistono quadri chiari di riferimento soprattutto in italia: ogni comune segue le sue regole , anche accedere alle normative e’ un percorso arduo in cui entrano fattori anche imprevedibili, conoscenze, apparentamenti politici ecc….
7. tempo storico : deprimente per qualunque attività, immaginiamo per quelle innovative solo apparentemente preferite
8. di genere: essere donna e rinunciare alla famiglia per dedicarsi solo ed esclusivamente, full time, a questo e non poter tornare indietro perche’ il tempo sembra rincorrerti
9. sicurezza: convivere con il concetto della precarietà assoluta, la non protezione in terra straniera e propria , il rischio del nuovo ogni momento
10. sociali : fare gruppo e’ stata la cosa piu’ difficile, cercare competenze affini e necessarie, metterle in rete, credere insieme
11. psicologiche : tenere ferma la volonta’ e la fiducia contro ogni apparenza , non farsi minacciare dalla paura, seminare instancabilmente per anni e con pazienza . sentirsi indifesi .
12. burocratici : inimagginabili , una specie di ragnatela
13. responsabilita’ : essere responsabile di tutto in quanto creatrice , non poter delegare nessun rischio o responsabilità prima di tutto etica , nonche’ pratica .
14. competitivita’ becera : trattare di qualcosa di cui pochi sanno e’ dura perche’ non ci sono elementi culturali in grado di distinguere i tentativi di copie fasulle e veri e propri “FURTI” di contenuti lavoro e idee.
15. vivere al sud
16. non essere figlia ne’ parente di potenti
17. credere che l’unica vera politica sia l’arte , perche’ l’arte fa politica….. non racconta politica……quindi non avere bandiera ne’ protezioni
18 . chiedersi perche’ lo faccio ? e sentire che e’ una domanda inutile perche’ nulla avrebbe potuto fermare la mia visione ed il mio lavoro
rispondersi che ognuno ha un destino e forse una missione, consolarsi ripetutamente credendo che esiste un senso che qualcuno prima o poi apprezzerà o ne godra’.
,,,,,,,mi fermo qui ma ce ne sono state molte altre: ma esiste un grande dono dell’uomo , saper dimenticare il dolore e saper ricordare un solo momento di grande soddisfazione estetica per “guarire” ogni dolore e poi la dimostrazione che tanti ti apprezzano e ti comprano l’opera , nonostante tutto.
3. Ti sei mai pentito di questo tipo di scelta? A cosa ti ha portato?
Mi pento ogni giorno ed il giorno dopo ricomincio
E’ come pentirsi di un figlio.
Impossibile.
Anche perche’ credo che ci si penta di ogni cosa difficile quando si e’ stanchi
Ma non si e’ stanchi sempre, per fortuna
Ho imparato tanto.
Ho costruito me stessa, piu’ della casa e di qualunque prototipo.
Ho imparato che in ogni atto creativo e nel gesto stesso dell’edificare o costruire si alternano stati di gioia e dolore, sofferenza e gratificazione.
Questo l’ho imparato soprattutto dai nomadi , la loro casa sembra un cumulo di parti fragili, inassemblabili , impossibili quando e’ smontata.
E montarla e’ un processo , una esperienza meravigliosamente utile, perché non ci sono istruzioni ed il tempo puo’ cambiare, ci puo’ essere vento o pioggia o freddo o sole , ma devi montarla in tempo.
E mentre lo fai sudi e pensi che non ce la farai.
Dai colpa al legno, al vento , agli altri, ma solo se ci metti tutta la fiducia e l’energia fisica e morale ce la farai . e quando e’ montata la vedi , la senti forte e stabile come una torre invece che una tenda e lei ti offre il suo ventre e là ti ripari e riposi e guardi il cielo e ringrazi tutto e tutti, anche te stesso.
E tutto ricomincia…..perche’ nessun riposo e’ per sempre, se non la morte.
la vita invece e’ questa musica di gioia e dolore, di sforzo gioioso come dicono i buddhisti e come diceva Cristo prima che la Chiesa cambiasse le sue parole in SOFFERENZA E BASTA .
NO LA VITA E’ ENTRAMBE LE COSE.
E questo e’ stato il senso della mia vita sinora
Credo lo sia per tutti.
Ecco perche’ l’occidente ha esagerato in confort.
Nessuna opera si compra solo con i soldi, niente e’ vero se e’ troppo facile. Ne’ duraturo. Altrimenti tutti i ricchi sarebbero appagati , invece hanno sempre piu’ fame.
Il benessere e’ sempre sudato , perche’ l’importante non e’ il risultato ma l’esperienza che genera competenza e saggezza tecnica e umana , anche etica.
Quello che ho fatto mi ha portato a capire quello che non sapevo.
Mi ha portato a capire che nessuna opera e’ mai finita, perche’ la vita e’ l’opera stessa. Mi ha portato ad essere felice di vedere le mie stesse emozioni negli altri, mi ha portato a capire che anche se ce la facessi da sola non servirebbe.
Mi ha portato a capire che la vita mi e’ stata data perche’ fosse utile anche ad altri perche’ anche a me e’ stata data da altri.
E la nostra vita non deve essere utile solo ai nostri figli o ai nostri genitori…..ma ad altri, chiunque siano.
Perche’ tutti ci apparteniamo.
E la mia casa e’ il mio dono per gli altri.
Non tutti, ma per quelli che la ameranno.
Alcuni la offenderanno, altri la criticheranno ma alcuni ne faranno il proprio guscio con la possibilita’ di intervenire, cambiarla, personalizzarla, farne il proprio spazio sociale, lavorativo, affettivo.
Di questo non potro’ mai pentirmi , anche se so che si diventa facilmente martiri quando si toccano interessi potenti e istituzionalizzati, quando si vogliono cambiare le cose compromettendo privilegi di geometri comunali, costruttori, esattori ,ingegneri, enti certificatori, politici ed assessori.
Anche questo ho imparato, non la retorica ma la realta’…..la realta’ è veramente dura come terra arida…….ma i nomadi sanno trovare la via giusta per spostare lo scheletro dove c’e’ vita…..
No, non posso pentirmi anche se lo faccio ogni minuto, chiedo scusa a me stessa, mi rimbocco le maniche e vado avanti o indietro (?)……
4. Le istituzioni come vedono la tua scelta abitativa?
Magari lo sapessi !
Intendo dire magari lo sapessi definitivamente, magari potessi parlare con loro senza scrivere progetti in continuazione senza speranza che li leggano.
QUALI ISTITUZIONI ?
In teoria le istituzioni sono spiazzate dall’innocenza della proposta….non fa male a nessuno, non costruiamo , non inquiniamo , siamo proprio strani…..quasi indefinibili……!!!! Degli extraterrestri…..
Eppure tanti complimenti, pochi fatti.
Molta incertezza, viviamo come borderline nelle righe di normative variabili, negli spazi non chiari di divieti interpretati di volta in volta da comuni e regioni.
Viviamo lavorando onestamente senza voler foraggiare avvocati, ma spesso e’ necessario almeno difendersi.
Certo non facile.
Le istituzioni spesso ci copiano …..ridicolo addirittura.
Ogni tanto un politico di turno a cui hai consegnato un progetto di eco-villaggio circa dieci anni fa, lo tira fuori in un programma elettorale senza neanche citarti.
E poi dice che l’esempio veniva dal nord o dall’europa !
Ma come assessore ! noi viviamo qui !!! lo sa ?
Si ricorda quel progetto ?
Il numero di raccomandata ?
La mail pec ?
Ecc….eccc…… non per essere distruttivi….questa e’ la realta’….
Ma piano piano sapranno o dovranno ascoltarci.
Le istituzioni sono troppo istituite e poco attente.
A meno che non si parli di progetti di glamping con grossi investitori, le orecchie si aprono improvvisamente.
Oppure di progetti finanziabili dalla fatidica EUROPA…..ma non sai mai a chi andranno a finire gli aiuti…..a te che hai sudato o a varie figure ? competenze necessarie che seppelliscono anche il tuo nome per farne merce pura…numeri.
QUANDO TI IGNORANO PUOI RITENERTI FORTUNATO.
MA NON APPENA CE LA FAI LI VEDI TUTTI ARRIVARE….IN FILA, uno per uno.
QUESTA E’ LA CRUDA SINCERA E SPIETATA REALTA’.
5. Cosa vorresti trasmettere della tua esperienza abitativa?
Il bello di una esperienza abitativa, il gesto piu’ forte e’ appunto di tipo esperienziale e spaziale, sensoriale e soggettivo.
Quello che vorrei trasmettere potra’ trapelare nelle trame delle diverse sensibilita’ che ne fanno e ne faranno esperienza diretta.
Vorrei trasmettere ad ognuno la liberta’ di inventare il proprio spazio partendo dal minimo necessario per chi ha poco e per chi ha troppo vorrei fargli ricordare il lusso estremo della semplicita’, la bellezza della natura , il piacere di condividere l’eleganza del poco.
Forse questo e molto altro.
Ma questo basterebbe.
Un po’ d’anima.
6. A cosa pensi o aspiri se pensi al tuo futuro?
Aspiro a non pentirmi mai qualunque cosa accadra’.
Aspiro a capire cosa cercavo perche’ in nessun viaggio vero sai prima cosa cerchi e soprattutto cosa trovi.
Aspiro a sentirmi a casa ovunque.
Aspiro alla gioia di quelli che lo meritano perche’ hanno seminato frutti buoni non solo per se stessi.
Aspiro al fatto che abbiano almeno una casa. Tutti.
Aspiro alla democrazia vera.
Aspiro a bambini felici perche’ loro saranno il futuro.
Aspiro ad essere parte di una specie giusta ed intelligente.
Aspiro al progresso scientifico, culturale, tecnico, etico.
Aspiro ad essere capita solo da chi puo’ e vuole.
Aspiro a costruire villaggi sociali.
Aspiro a seminare.
Aspiro ad una comunità solidale fatta da pochi , nuova famiglia del 2000
Aspiro a molte comunita’ solidali fatte da pochi ed in rete tra loro.
Aspiro alla bellezza dello spazio.
Aspiro all’umilta’ di chi costruisce e fa case, perche’ solo la natura fa meglio di noi e mai dovremmo tentare di superarla o piegarla.
Ma solo di rispettarla
Aspiro a sentire un grande: < SCUSACI ! > collettivo DETTO IN CORO DAGLI UOMINI al pianeta.
Aspiro ad accettare tecnologia e progresso senza incriminarli ma sapendo che finalmente chi li crea lo fa per il bene e con coscienza
Aspiro a resistere al crollo che ci sara’ per tutti inevitabilmente con dignita’.
Aspiro a stringermi a chi resistera’ al disgusto.
Aspiro a morire contenta di aver vissuto come mio nonno agricoltore morto a 96 anni in perfetta salute, solo per il desiderio di rivedere sua moglie andata in cielo poco prima di lui.
Aspiro a poter dire ad un bambino qualunque anche incontrato per strada quello che mio nonno disse a me poco prima di morire :
“Non sapevo di amare tua nonna, il tempo me l’ ha detto
ed il tempo e’ l’unico dono , non sprecarlo per nulla , SEMINA BENE “
Mio nonno aveva perso tutte le donne della famiglia comprese le sue due sorelle nel terremoto del 1908 a messina , aveva 13 anni allora, quando un boato mostruoso rase al suolo il suo sonno di bambino.
Io non sapevo assolutamente e posso giurare che la mia passione per le tende era per me inspiegabile fino al giorno in cui , dopo la morte di mio nonno, lessi il suo testamento spirituale, un racconto manoscritto lasciato ai nipoti.
Non sapevo che questa passione per le tende venisse da questa esperienza emotiva ereditaria e mai conosciutaconsciamente, se non in ritardo.
Mio nonno e la parte sopravissuta della famiglia vissero nella tendopoli di messina per molti anni prima di ricostruirsi una casa.
In quel terremoto morirono 90.000 persone, uno tsunami italiano indimenticabile…..
Tanto indimenticabile che ha segnato anche la mia vita senza che neanche lo sapessi.
Nei nostri geni e nelle nostre speranze c’e’ il passato ma anche il futuro.
Auguri e grazie valery
Marilena Gulletta
Intervista a Marilena Gulletta per la tesi di laurea in psicologia dell'abitare di Valery Agosta presso Facultad Bellas Artes Cuenca
Scritto da Marilena Gulletta / novembre 15, 2016